Notizie sulla biblioteca

Le notizie sulla Biblioteca di Montevergine sono tratte dal volume postumo di padre Placido Mario TropeanoPalazzo abbaziale di Loreto : guida storico artistica (Montevergine, Edizioni Padri Benedettini, 2008) e dall’opuscolo La storia e i servizi della Biblioteca Statale di Montevergine e dell’Archivio annesso (Montevergine, Padri Benedettini, 2004).

Nel piano di costruzione del Nuovo Loreto non era stato previsto alcun locale per la costituzione di una biblioteca vera e propria. I pochi libri necessari per la gestione della farmacia, per lo studio delle pergamene e per lo svolgimento della liturgia erano custoditi in piccoli armadi ubicati nei rispettivi uffici.

Quando con la soppressione delle corporazioni religiose, il patrimonio culturale dell’abbazia divenne proprietà dello Stato e riaffidata ai monaci con l’obbligo della custodia e fruizione, fu necessario cominciare daccapo. Superate le remore di ordine morale con la firma nel 1929 del Concordato tra la Santa Sede e il Governo Italiano e scartata l’ipotesi di una eventuale riorganizzazione dell’archivio e della biblioteca nel santuario di Montevergine dichiarato Monumento Nazionale, tutto rimase da inventare e da creare nei locali del palazzo abbaziale di Loreto per l’impianto e la gestione della futura Biblioteca Pubblica Statale annessa al Monumento Nazionale di Montevergine.

Passarono molti anni prima che i monaci abbandonassero l’idea dello Stato usurpatore e ingiusto detentore dei loro beni, si adeguassero al nuovo corso della storia, accettassero l’idea della biblioteca pubblica aperta di diritto a tutti i cittadini ed essi stessi si ponessero come strumenti di diffusione della storia e della cultura in essa conservata.

Nel febbraio 1953 arrivò alla direzione dell’archivio e della Biblioteca di Montevergine il giovane sacerdote padre Placido Mario Tropeano, uomo dalle larghe vedute, che aveva completato la sua formazione scientifica nel movimentato risveglio della riconquistata libertà democratica e maturato il principio che i beni culturali sono il frutto dell’ingegno umano e, come tali, non hanno pronomi possessivi né complementi di specificazione, ma sono semplicemente patrimonio dell’umanità.

Nell’ottobre del 1956, lo stesso padre Tropeano, con un intervento al Terzo congresso internazionale di studi sull’Alto Medioevo, annunziò un vasto programma di lavori materiali e scientifici, che allora sembrò ambizioso, ma che nel tempo è divenuto realtà e ha dato alla biblioteca una nuova organizzazione tale da renderla per immagine e funzionalità un modello per le altre dieci biblioteche annesse ai Monumenti Nazionali.

Come accennato nalla scheda relativa al palazzo abbaziale di Loreto, la Biblioteca è ubicata nell’ala nord-ovest del fabbricato, si sviluppa su tre livelli fra loro non perpendicolari e dà l’impressione di occupare una superficie superiore ai suoi reali 2.500 mq: a pianterreno si prolunga verso sud, al primo piano verso nord e al secondo piano verso occidente.

In ogni caso è stata rispettata la linea architettonica esterna del fabbricato e dei corridoi, mentre sono stati ristrutturati gli interni per ospitare la biblioteca e renderla funzionale.

Sulla via Domenico Antonio Vaccaro, che costeggia il lato orientale del fabbricato, è stato aperto un ingresso ad esclusivo servizio degli impiegati e degli utenti della biblioteca. Una targa ne indica l’orario di apertura al pubblico, che va dalle 8,15 alle 13,30 di tutti i giorni feriali escluso il sabato, ad eccezione del martedì e del giovedì in cui si prolunga, senza interruzione, fino alle ore 17,15.

Il vano d’ingresso, con la postazione di prima accoglienza e della centralina telefonica, è il punto di riferimento dell’intera attività bibliotecaria; da esso, mediante due archi a tutto sesto, si passa sulla destra agli uffici di segreteria ed economato e sulla sinistra alla sala di lettura, e da esso, mediante una scala in granito rosso, si sale al primo e secondo piano.

Per la ricerca del patrimonio della biblioteca con annesso archivio, gli utenti hanno libero accesso alla consultazione dei regesti delle 6467 pergamene, degli inventari delle 1564 buste d’archivio contenenti il materiale cartaceo e i due schedari generali per autori e per soggetti dei circa 200.000 volumi a stampa; questi sono diventati i cataloghi storici della biblioteca che dal febbraio del 2000 (data del suo ingresso nella rete del Servizio Bibliotecario Nazionale), offre agli utenti la possibilità di consultare i suoi cataloghi online.

Inoltre, collegandosi al sito web della biblioteca l’utente può agevolmente accedere a tutti i servizi che la biblioteca offre.

Il primo piano è preceduto da una specie di vestibolo di disimpegno, in cui sfocia la scala di granito rosso e dove è ubicata la porta d’ingresso che mette in comunicazione la biblioteca con il corridoio continuo del piano nobile dell’edificio. Al centro della saletta una bacheca ospita la mostra permanente dal titolo Dal papiro al libro a stampa. L’esposizione, attraverso fotografie ed originali, illustra il diverso materiale scrittorio utilizzato dall’uomo per conservare il suo pensiero, partendo dalle foglie di papiro, passando per il materiale membranaceo fino a giungere alla stampa a caratteri mobili su carta. Ovviamente pergamene, manoscritti e stampati fanno parte del patrimonio della stessa biblioteca.

Seguono nell’ordine: l’Auditorium, con l’elegante schienale semicircolare della cattedra sormontata dallo stemma dorato dell’abbazia e con le poltroncine su tre file rivestite di velluto rosso ignifugo; la sala delle mostre con scaffalatura parietale in ferro a palchetti mobili e con bacheca doppia centrale, il cui materiale espositivo si rinnova annualmente; infine ampi locali da ristrutturare e da adibire alle nuove accessioni. La biblioteca è un organismo vivo, che conserva la cultura del passato e ne memorizza la contemporanea.

Il secondo piano può considerarsi il Sancta Sanctorum della biblioteca, l’accesso a questo piano e all’archivio è riservato solo a studiosi noti e altamente qualificati. Qui sono gelosamente custoditi i codici e le pergamene, gli incunaboli e le cinquecentine, nonché il materiale raro e di pregio edito nei secoli successivi.

Nella nuova sede, le pergamene sono state separate dalla restante documentazione cartacea e sistemate in apposite cassettiere metalliche, seguendo la sistemazione del p. Mongelli, il quale aveva regestato 6467 pezzi, rogati nel lasso di tempo che val dal maggio 947 al dicembre 1952. Nel frattempo, per il normale incremento di un archivio vivo, le pergamene da 6467 sono passate a 7039 e terminano con la bolla del papa Giovanni Paolo II, rogata il 17 dicembre 1986. Contemporanemente è stata avviata la pubblicazione del Codice Diplomatico Verginiano, giunta al tredicesimo volume, nella quale sono confluiti i primi 1300 documenti arrivando fino al maggio 1210.

I 24 codici e i 35 incunaboli sono conservati in un armadio metallico di sicurezza. Il codice più caro alla tradizione monastica è il De vita et obitu sancti Guilielmi,  in cui un discepolo del fondatore di Montevergine racconta, sotto forma di fioretti e per edificazione degli altri religiosi presenti e futuri, le notizie sulla vita e sui miracoli del religiosissimo cristiano di nome Guglielmo. Il più bello è il Psalterium Davidis, in scrittura umanistica su una colonna a 19 righe con lettere iniziali dei singoli salmi in oro zecchino decorato all’esterno e all’interno alternativamente in rosso ed azzurro; è inoltre impreziosito da 14 miniature, di cui le prime due a piena pagina raffiguranti l’albero di Jesse e lo stesso re David che suona il salterio ai piedi di un cedro; nella fastosa cornice floreale di queste due miniature è inserito un medaglione con la stessa famiglia d’Ajerbo per la quale dovette essere realizzato il codice.

L’incunabolo più antico, conservato nella biblioteca di Montevergine, stampato probabilmente a Roma nel 1469, contiene l’Apocalisse di san Giovanni apostolo ed evangelista con il testo in latino ed il commento in italiano; tutti gli altri sono in latino ed il loro contenuto, a carattere teologico e filosofico, storico e letterario, riflette la cultura dei monaci verginiani del tempo; il più bello è un Libro d’Ore, stampato a Parigi nel settembre 1498 e riccamente miniato. I centri tipografici di provenienza sono dieci: Venezia con 23 edizioni risulta la più attiva, Napoli con 3, Parigi con 2; e con una sola Roma, Vicenza, Padova, Bologna, Milano, Perugia, Treviso (?).

Le 1021 edizioni del Cinquecento sono raccolte nell’ufficio del direttore. Alcune conservano la legatura originaria in assicelle di legno coperte da cuoio intagliato a disegni geometrici ed arricchiti da fermagli metallici. Rispetto agli incunaboli il contenuto è più diversificato, le aree di provenienza si moltiplicano e, quel che più conta, compaiono i primi libri stampati a cura degli stessi monaci di Montevergine.

Essi utilizzarono il nuovo mezzo di comunicazione sociale per far conoscere la loro spiritualità con la pubblicazione del Breuiarium secundum usum inclyti Caenobii Montisvirginis, ordinis diui patris Benedicti… (Venezia 1555); per ricordare le gesta gloriose del fondatore con la Vita, et obitus sanctissimi confessoris Guilielmi Vercellensis, sacri Monasterii Montis Virginis de Monte fundatoris… del p. Felice Renda (Napoli 1581); per illustrare l’origine e il primo sviluppo della Congregazione con l’edizione de La vera istoria dell’origine, e delle cose notabili di Monteuergine, oue prima si descriue la vita di San Guglielmo Capo, e fondatore di quel sacro monasterio, e sua congregatione… del p. Vincenzo Verace (Napoli 1585), di cui la Biblioteca possiede anche l’edizione veneziana del 1591; infine per codificare gli usi e le tradizioni locali con la pubblicazione della Regula sanctissimi patris nostri Benedicti ac declarationes eiusdem iuxta constitutiones congregationis Montis Virginis (Napoli 1599).

Gli incunaboli e le cinquecentine originariamente trovarono posto nella sala dello scrittorio del Santuario; ma il progressivo incremento del libro a stampa e la sua superiorità numerica sui manoscritti fecero sorgere il problema del locale e dell’ordinamento. Nella prima metà del Seicento l’abate Giordano provvide ai locali, utilizzando la migliore stanza del corridoio della loggia, ed alla fine del secolo il p. Urbano Di Martino catalogò 1462 volumi, distribuendoli in 10 settori d’interesse scientifico.

A distanza di un secolo il problema si ripresentò, per cui nel 1721 fu inaugurato l’ampio salone ubicato in fondo al corridoio del Crocifisso, meglio noto come biblioteca del santuario di Montevergine; nel 1954, il patrimonio librario fu trasferito nel palazzo abbaziale di Loreto per una migliore organizzazione ed una più facile fruizione.

In poco più di un cinquantennio, il p. Tropeano ha compiuto la riorganizzazione dell’archivio e della biblioteca di Montevergine, trasformando il palazzo abbaziale di Loreto in un mirabile e funzionale centro di studio, utilizzando anche forme innovative di comunicazione e di divulgazione, offerte dalla moderna tecnologia. Contemporaneamente ha cooperato alla stesura di due provvedimenti legislativi, emessi dal nuovo Ministero per i Beni e le Attività Culturali, intesi ad assicurare l’apertura al pubblico delle Biblioteche annesse ai Monumenti Nazionali.