Libreria Johannowsky (1968)

La sezione Johannowsky è contemporaneamente una vendita-dono, voluta dal proprietario signor Bernardo Johannowsky, “in considerazione dei buoni rapporti che ha sempre avuto con il Santuario di Montevergine” e che pertanto “il prezzo convenuto col p. Placido Mario Tropeano non ha niente a che vedere col valore reale della raccolta e che un simile prezzo non sarebbe stato praticato a nessun altro ente o cliente”.

Per meglio comprenderne l’importanza, è opportuno dare uno sguardo retrospettivo alla libreria Detken & Rocholl, di cui lo Johannowsky divenne socio nel 1908, unico proprietario nel 1921 e, come tale, ne continuò l’attività fino al 1950.

La libreria Detken & Rocholl fu inaugurata nell’ottobre del 1836 a Napoli nella centralissima piazza del Plebiscito, sotto i portici della chiesa di San Francesco di Paola, dal giovane Alberto Detken, impiegato di una nota libreria di Amburgo, il quale in viaggio in Italia entrò in contatto a Napoli con il circolo letterario del quale facevano parte Giacomo Leopardi e Antonio Ranieri; nel 1862 Detken, dopo aver sposato Elisabetta Rocholl, assunse il cognato, già professore dell’Università di Gôttingen, e lo associò alla libreria che assunse da allora la denominazione Detken & Rocholl. Dopo la morte di Rocholl nel 1876 e del fondatore Alberto Detken nel 1881, la libreria passò a Enrico Detken che assunse prima come collaboratore (1903) e poi come socio (1908) Bernardo Johannowsky, giornalista della «Zeit» di Vienna che era giunto a Napoli dopo un lungo giro compiuto attraverso le capitali orientali ed europee. Johannowsky infine acquistò la libreria nel 1912 e subito si adoperò per animarla favorendo la presenza costante di intellettuali quali D’Annunzio, Matilde Serao, Di Giacomo.

Johannowsky tenne la libreria, fra alterne vicende e passando indenne anche attraverso le due guerre, fino a quando dové accogliere i volumi superstiti in alcuni vani del suo appartamento. Fu così che il padre Placido Mario Tropeano – indimenticato direttore della Biblioteca di Montevergine, scomparso nell’estate del 2008 – propose all’ormai vecchio Johannowsky di acquistare in blocco l’intero patrimonio librario con annesse stampe, quadri e vari oggetti di arredamento.

Come notevoli singoli pezzi si possono citare: un papiro in dieci tavole che, secondo le dichiarazioni del proprietario, risalirebbe al sec. IV a. C. […]; due manoscritti siriaci di grafia, ornamentazione e figure tecnicamente perfette, di cui uno, la Storia del Sultano Mahumed, nel testo e nella figurazione risente l’influenza dei due grandi poemi epici indiani, il Mahabharata ed il Ramyyana; un manoscritto copto; due libri d’ore, mutili, in latino con qualche fregio miniato e l’evidente asportazione di tre miniature a piena pagina; l’autografo con disegni delle Noterelle di viaggio del Carlo de Notaris in quattro volumi; platee di interesse monastico o di singoli cittadini e documenti vari […] La ricchissima raccolta a stampa conta 25.714 unità librarie: un incunabolo, Baptista de Salis, Summa casuum conscientiae quae Baptistiniana nuncupatur, 1499; centoundici cinquecentine, delle quali 24 della prima metà del secolo e 4 del primo decennio, tra cui un commentario sulle Tusculanae del 1502; 609 volumi tra enciclopdie, dizionari e grammatiche riguardanti una ventina di lingue morte o vive nonché i relativi passaggi tra le une e le altre […]».

*Il brano è tratto dal volume di Placido Mario Tropeano, La Biblioteca di Montevergine nella cultura del Mezzogiorno, (Napoli, 1970), p. 101-106.