Archivio
L’archivio statale di Montevergine si può considerare suddiviso, per quanto riguarda la sua documentazione, in cinque grosse sezioni: pergamenacea, storica dell’abbazia, dei monasteri dipendenti, diocesana, degli archivi aggregati.
Le pergamene, sistemate cronologicamente in cassettiere metalliche nell’archivio più moderno ubicato all’interno della Biblioteca, sono in numero di 7000; la più antica, un atto privato di donazione, è del 947, la più recente è del 1952 con la quale il papa Pio XII conferma, come ordinario di Montevergine, Ludovico Anselmo Tranfaglia. Tra di esse spiccano bolle, brevi e privilegi pontifici, diplomi, privilegi di autorità civili, esenzioni imperiali e reali, ma la parte più numerosa è costituita da strumenti di donazioni, compravendite, enfiteusi, che documentano non solo la storia dell’abbazia e delle sue dipendenze, ma si può dire dell’intero mezzogiorno d’Italia. Le pergamene più antiche ci danno informazioni molto importanti circa il territorio dove fu edificato in origine il monastero, nel luogo detto ubi aqua columbi dicitur, per le mani di Guglielmo custos et rector di quel monastero. È presente nella n. 153 del 1126 anche il riconoscimento da parte del vescovo Giovanni dell’autonomia di Montevergine rispetto all’autorità vescovile, poiché l’abbazia sorgeva nell’ambito della diocesi di Avellino ed era dunque necessario richiederne il consenso per erigere una nuova casa religiosa.
Degna di rilievo per il suo interesse paleografico ed iconografico è la pergamena del 1210, nota come Statuto dell’abate Donato. Essa è illustrata con alcune figure disegnate a penna, con qualche punta di rosso: al centro è raffigurato il Redentore, a sinistra l’abate Donato, in alto la Vergine tra due Angeli.
Il patrimonio dell’archivio storico di Montevergine si completa con la presenza di un vasto materiale cartaceo distribuito in più di 1000 buste o cartelle. La prima parte, sistemata nella zona superiore dell’archivio, è relativa alla documentazione storica della Congregazione verginiana nei suoi molteplici aspetti del patrimonio, amministrazione, disciplina, culto, affari giudiziari.
La seconda riguarda alcuni monasteri dipendenti dalla casa madre di Montevergine. Fin dalla fondazione dell’abbazia, cominciarono a raccogliersi intorno ad essa case, grancie, priorati, a volte con vasti possedimenti terrieri, amministrati dall’abate della casa madre di Montevergine.
Tali possedimenti non erano solo nell’Irpinia, nel Sannio, ma anche in Puglia, in Molise e persino in Sicilia. Nell’archivio storico di Montevergine è presente la documentazione cartacea di soli 63 monasteri, non sono tutti i monasteri verginiani, ma quelli sopravvissuti dopo il secolo XV, di cui si sono conservati gli incartamenti.
La parte diocesana dell’archivio di Montevergine, occupa la rinnovata sala settecentesca all’interno del palazzo abbaziale. Il materiale archivistico di questa sezione è relativo ad un ambito territoriale molto ristretto poiché riguarda i paesi di Mercogliano, Ospedaletto d’Alpinolo, Summonte, S. Angelo a Scala (è presente inoltre la documentazione di Valle, rimasta comunque nell’abbazia, nonostante la frazione sia passata alla diocesi di Avellino nel 1979). Molto importante è la documentazione relativa allo stato delle anime e popolazione dell’abbazia nullius poiché il movimento demografico dei secoli passati suscita un notevole interesse da parte degli utenti che vi riscontrano le notizie più disparate a carattere storico-sociale, economico, medico, registri di nati, morti, matrimoni, ecc. Notevole è anche quella riguardante le chiese e i luoghi pii dei singoli paesi; in questo ambito le visite pastorali e le relazioni ad limina ci informano sul loro stato di conservazione nei diversi periodi storici, sui lavori compiuti, sulle trasformazioni subite. Nessuna sezione cartacea dell’archivio storico di Montevergine si può considerare veramente completa, poiché esse si integrano a vicenda ed il materiale pergamenaceo rimane il più delle volte fondamentale ed insostituibile per conoscere l’origine e la parte antica degli avvenimenti.
Solo con lo sfruttamento di tutte le fonti è possibile sfruttare tutte le notizie al fine di offrire un valido sussidio alle ricerche degli utenti. Gli incartamenti degli archivi aggregati hanno sempre costituito una sezione a sé stante poiché non hanno alcun nesso con l’abbazia. La parte più numerosa dei documenti si riferisce a molti istituti religiosi soppressi del 1807, come i domenicani di Avellino, Atripalda, Gesualdo, Monteforte e Taurasi, i celestini di Gesualdo, i carmelitani di Grottaminarda, i cui beni furono assegnati a Montevergine quando fu necessario provvedere alla dotazione economica dei monaci assegnati allo stabilimento. Essi vanno dal secolo XVI al XIX e sono distribuiti all’incirca in 100 buste. Si tratta di numerosissimi libri di introiti ed esito, strumenti notarili dei possedimenti, testamenti, contratti di fitto di case, terreni, grossi libri cosiddetti Campione che contengono tutti i crediti e le rendite dei monasteri annotate dagli stessi religiosi. Non mancano in questa sezione monumentali Platee. La busta 65 contiene quella di «tutti i beni stabili di proprietà, annue rendite» del venerabile convento dei Minori Conventuali di Mirabella, che fu celebre centro di cultura, patria di filosofi, teologi e dotti in varie discipline, tanto da essere ricordato anche negli ambiti non strettamente locali. In questa sezione è presente la documentazione di alcuni archivi privati come Ricca, Frezzaroli, Torella dei Lombardi, Colonna, Scala, De La Ville, Prosapia-Cortizzos, e della famiglia Imbimbo di Avellino, che ha donato alla Biblioteca di Montevergine anche una notevole raccolta libraria di musica sacra e profana.
In questi ultimi anni si sta provvedendo a sistemare ed inventariare i fondi versati in archivio dagli uffici del monastero per l’incremento naturale o pervenuti tramite donazione e acquisto, che ammontano all’incirca a cinquecento cartelle.
Precedentemente era già presente una cospicua documentazione, segnata solo con l’indicazione “varia”, priva di sistemazione archivistica, riguardante la congregazione verginiana nei secoli XIX-XX, poiché il p. Giovanni Mongelli si era fermato al 1866 nell’ordinamento dei documenti. Interessantissima la sezione dei lavori, che comprende non solo quelli effettuati presso il monastero e la casa di Loreto, ma anche esterni, come la costruzione della strada rotabile e della funicolare. La prima fu iniziata intorno al 1860 e portata a termine dopo un secolo poiché varie furono le vicissitudini intercorse, essendo l’impresa lunga e dispendiosa e la Congregazione Verginiana non poteva economicamente da sola provvedere ad un così vasto disegno, che fu realizzato anche grazie ad una questua. La funicolare, voluta e fatta realizzare dagli abati di Montevergine , fu portata a termine nel 1956. In primo momento si era pensato di installare un sistema di tramvia a vapore sulla nuova strada rotabile, ma poi ci si convinse che era molto costoso e poco pratico. Da allora si studiarono vari tracciati; molti sono i progetti inattuali custoditi nelle cartelle d’archivio, come quello di una funivia aerea, che avrebbe dovuto collegare direttamente Avellino al Santuario di Montevergine, con stazione presso la frazione Valle.
Il vasto materiale cartaceo relativo al Patrimonio Boschi e Foreste ha permesso di approfondire le varie questioni legate alle tenute boschive Trocchio, Romito e Tavola per quanto ne riguarda il possesso, il rimboschimento, la carbonizzazione, le neviere, la flora (a tal proposito nel 1909 sulla montagna fu inaugurato un bellissimo giardino alpino dal prof. Fridiano Cavara, direttore dell’Orto botanico di Napoli).
Tra i fondi di tali secoli hanno trovato sistemazione anche le sezioni dei paesi, delle famiglie e casate irpine. La busta n. 2 contiene gli atti di fondazione degli antichi ospedali di Avellino, preziosi inventari di alcune chiese di Altavilla Irpina e di Chianche. Vasta è la documentazione riguardante il paese di Gesualdo con i suoi luoghi pii, i monasteri soppressi, gli strumenti notarili delle famiglie irpine. In questa sezione sono collocate alcune cartelle che si riferiscono alla causa di beatificazione di Maria Cristina di Savoia, di cui i monaci furono fervidi sostenitori, anche se la causa non si concluse mai positivamente.
Un cenno particolare meritano altri fondi non ancora inventariati, come quello degli autografi di personaggi illustri e del Monte di Pietà di Avellino, annesso alla confraternita di Santa Maria di Costantinopoli, pervenuto tramite donazione.