Un cimelio tra le riviste: la “Rassegna storica irpinia”
Date:
24 Aprile 2020
(di Annalisa Lombardi)
Per fronteggiare l’emergenza dovuta alla diffusione del coronavirus anche la Biblioteca Statale di Montevergine ha aderito alla prestazione lavorativa in modalità agile. Durante il periodo iniziale alcuni dei dipendenti sono stati impegnati ad effettuare gli spogli della rivista «Rassegna Storica Irpina», stampata con il contributo della Cassa di Risparmio di Roma ed attualmente non più pubblicata. Di essa la Biblioteca Statale di Montevergine possiede le annate che vanno dal 1990 al 1995, il 1999/2000 e il 2004/2008.
La scelta di descrivere analiticamente i singoli articoli che compongono questa rivista è legata al fatto che essa tratta di argomenti di storia irpina. La valorizzazione, la conoscenza e la difesa del patrimonio storico-culturale dell’Irpinia era infatti uno degli impegni primari assunti dalla Società Storica Irpina che, attraverso la pubblicazione della rivista mirava a “costituire un nucleo aggregante e vivacizzante […] in grado di rappresentare un riferimento obbligato per chiunque intenda riflettere criticamente sull’antica come sulla recente storia dell’Irpinia e del Mezzogiorno d’Italia”. I vari contributi della rassegna illustrano vicende storiche irpine, le quali, pur collocandosi nel solco della tradizione storiografica meridionale, rivelano però le fondamentali peculiarità di questa terra; l’importanza della tematica affrontata e il fatto che un tale riferimento culturale non sia più attivo rappresentano una grande perdita.
La rivista, con periodicità semestrale, era diretta da Francesco Barra ed è strutturata nelle seguenti sezioni: “Saggi”, “Contributi e Ricerche”, “Discussioni e note”, “Recensioni”, “Rassegna bibliografica Irpina”, “Notiziario” e “Vita della Società”. Nei diversi contributi, di cui è composta la Rassegna, gli autori espongono ricerche, studi relativi a svariati momenti di storia irpina, toccando argomenti economici, religiosi, folkloristici e letterari. Tra i redattori della rassegna vi sono docenti universitari, studiosi e storici locali, funzionari del MiBACT, letterati e giornalisti come Nicola di Guglielmo, Francesco Barra, Andrea Massaro, Armando Montefusco, Giovanni Pionati, Enrico Cuozzo e Luigi Mascilli Migliorini.In questa sede ci soffermiamo sul 1990, anno di nascita della rivista, cessata dopo 18 anni con diverse interruzioni lungo il suo percorso. Il 1990 si apre con l’articolo di Errico Cuozzo, il quale, riprendendo la tematica della mostra sugli insediamenti verginiani, tenutasi all’interno della Biblioteca Statale di Montevergine, affianca alla versione ufficiale, così come ricostruita dai monaci verginiani a partire dal XVI secolo, una nuova ipotesi della nascita e della diffusione della Congregazione Verginiana in provincia di Avellino. Nella seconda parte del saggio l’autore ripercorre la relazione fatta dall’autore nel IV Convegno di Studi sul Medioevo meridionale sull’Età dell’Abate Desiderio, organizzato dall’Abbazia di Montecassino. Di grande importanza è il lavoro di Giuseppina Zappella, nel quale la studiosa, partendo dall’identificazione dell’esemplare Raguagli della Città di Avellino del frate avellinese Scipione Bella Bona, miracolosamente scampato al rogo dell’inquisizione nel 1644, e conservato fin dal 1917 nella Biblioteca Provinciale di Avellino, attua una ricostruzione delle conoscenze bibliografiche e critiche sull’autore. Non possiamo qui non menzionare i tanti volumi e repertori scritti dalla Zappella dedicati al libro antico, e in particolare i saggi su alcune marche tipografiche presenti nei nostri due cataloghi dedicati alle cinquecentine e agli incunaboli conservati presso la Biblioteca Statale di Montevergine; entrambi sono di recente pubblicazione, e le notizie bibliografiche sono reperibili mediante i cataloghi on line. Per il catalogo sugli incunaboli, oltre all’edizione cartacea, è possibile “sfogliare” la versione digitale nella sezione “Cataloghi speciali” del sito.
Ma ritorniamo alla nostra rivista. Altri importanti contributi riguardano le ricerche sulle vicende costruttive di importanti monumenti irpini come la ricerca esposta da Luigi Guerriero sulle vicende costruttive della Cappella del Tesoro della Cattedrale di Avellino, in cui si descrive dettagliatamente la trasformazione in chiave barocca della Cappella del Tesoro della Cattedrale di Avellino, progetto affidato nel 1697 all’architetto Francesco Nauclerio, allievo di Francesco Solimena. Accanto ad articoli che ricostruiscono eventi storici cruciali per la storia irpina come quello di Francesco Barra sulle elezioni politiche del 1919 e vicende relative alla feudalità cinquecentesca di Raffaele Colapietra, vi è anche un interessante saggio di Carlo e Francesca De Rosa sul costume tradizionale di Calitri usato fino al XX secolo. Il vestito maschile era tipico di tutto il meridione mentre quello femminile era unico nel suo genere. Non ci addentriamo nella descrizione dell’abbigliamento sebbene lo meriterebbe data la singolarità della fattura e l’attenzione ai particolari. Il costume, insieme al dialetto, è stato via via abbandonato. È grazie alle iniziative culturali e allo studio del patrimonio tradizionale delle singole comunità che è stata scongiurata la scomparsa dalla memoria collettiva degli usi, dei costumi e delle tradizioni che, irrimediabilmente, sono andate perdute con l’avvento della modernità. Molte altre interessanti testimonianze di accadimenti locali, come gli excerpta di Francesco Barra, colorano di sfaccettature particolari gli eventi nazionali mostrando come una terra, apparentemente lontana dai grandi centri in cui si è scritta la storia nazionale, viveva intensamente le pagine della sua storia locale.