Dettagli
- Personale/Collettivo: Collettivo
- Codice: TP Note, dedica, postille e note di possesso manoscritte
- Pid: NAPP000030
Descrizione
Note manoscritte (sul frontespizio e altrove): Sacri Eremi S. M. Coronatae
Ex Bibl. S. Eremi S. Maria Coronatae
Dell’Eremo dell’Incoronata dei P.ri Camaldoli
Dell’Eremo di S.a Maria dell’Incoronata P.ri Camaldoli
Ad usum Eremitarum Montis Coronae
Ad usum Nouitiorum S. Mariae Incoronatae
Ex Eremo Sanctae Mariae Incoronatae
Sacrae Coronae Eremi PP. Camaldoli
Sacri Sanctae Mariae Inc. P.P. Camald.um M.C. Beneventanae Diocesis
L’Eremo dell’Incoronata era un monastero camaldolese dell’Incoronata di Sant’Angelo a Scala (Avellino); sorgeva in una piccola valle della catena del Partenio, detta Chiaia. Qui giunsero Giulio da Nardò, futuro beato, e Giovanni da Figuera, di nazionalità spagnola, intorno al 1557. I due giovani si distinsero talmente nella loro vita eremitica, al che i signori di Sant’Angelo a Scala, marchesi Carafa, fecero erigere una chiesa solida e ampia, nella quale fu posta, quale dono della città di Nola, una bellissima statua in legno della Madonna ornata con una corona regia, la cosidetta Vergine Incoronata, la cui denominazione si estese successivamente a tutto l’Eremo che nel 1577 fu affidato alla Congregazione Camaldolese degli eremiti di Monte Corona, seguaci della Regola di San Benedetto, per volontà del papa Gregorio XIII. Il monastero del’Incoronata si ingrandì notevolmente con i camaldolesi; alla fine del Seicento era per importanza al secondo posto dopo la casa madre dei Camaldoli in Toscana e ospitava all’incirca trentacinque eremiti. Attualmente di quel ricco e magnifico complesso restano solo i ruderi poiché, ancor prima delle soppressioni del governo napoleonico, era stato già demolito e reso inutilizzabile, essendo stato rifugio del colonnello borbonico Michele Pezza, meglio noto come fra’ Diavolo. Come in tutti gli eremi camaldolesi, anche all’Incoronata di Sant’Angelo a Scala lo studio era tenuto in gran conto, quindi non mancavano gli strumenti e i mezzi per coltivarlo; l’addetto alla biblioteca aveva un ruolo molto importante, essendo considerato come secondo responsabile delle cose contenute nell’Eremo. Dai documenti di una busta dell’Archivio di Montevergine (la n. 260), risulta la presenza di un notevole numero di volumi presso l’Eremo sin dal 1694. Perché tali volumi siano poi pervenuti a Montevergine e esattamente quando, restano comunque interrogativi cui è difficile dare una risposta. Dei due eremiti, Giovanni da Figuera passò subito tra i camaldolesi di Monte Corona, mentre Giulio da Nardò si trasferì a Montevergine: pertanto, potrebbe aver quest’utimo portato con sé i preziosi volumi
(Anna Battaglia, L’Eremo dell’Incoronata nelle note di possesso degli esemplari del’abbazia di Montevergine, «Una finestra sulla Biblioteca», «Il Santuario di Montevergine», 2002-2003)