Cos'è
Nel vasto programma delle celebrazioni del IX centenario della Fondazione dell’Abbazia di Montevergine si inserisce la mostra documentaria I Cabrei di Montevergine. Il patrimonio socioeconomico dell’Abbazia nei secoli XII-XIX.
Il percorso, costituito da pergamene, documenti cartacei e platee=cabrei, è incentrato su un lungo periodo della storia dell’Abbazia, della quale si documenta la vita della comunità verginiana e la formazione del suo patrimonio, fondiario e umano.
Le pergamene sono datate al secolo XII e sottoscritte da signori e conti locali, ma anche da sovrani e imperatori. Guglielmo II, Enrico VI e Federico II operano una serie di interventi e di favori regi verso il patrimonio fondiario verginiano, assicurando al monastero la protezione sovrana e regia e vistose esenzioni da tributi e gabelle. Inoltre altre libertà ed immunità sono confermate dalla chiesa locale e dalla Santa Sede cui Montevergine è direttamente soggetta.
Nella bolla esposta, con data del 13 gennaio 1264, papa Urbano IV avalla la potestà spirituale e temporale dell’abate sui territori in suo possesso, elencandoli tutti nel documento papale n. 2131. Risale a qualche anno prima, ad opera di papa Alessandro IV, la concessione della potestà spirituale sul feudo monastico verginiano e la creazione della nuova Diocesi di Montevergine, detta allora abbazia Nullius ed oggi abbazia territoriale.
Nella seconda metà del Duecento Montevergine raggiunge la sua massima espansione e, nel secolo successivo, altri feudi e tenimenti si aggiungono grazie alla generosità dei fedeli, prodighi di doni e legati pii, e alla vistosa donazione nel 1347 del cosiddetto “Feudo monastico”, da parte del re Ludovico d’Angiò.
Il potere economico e feudale dell’Abbazia, che si irradia in diverse regioni del Meridione, si arresta nel periodo che va dal 1430 al 1588 con il passaggio del regime della Congregazione dagli abati autonomi ai cardinali commendatari.
Ripristinata la sua autonomia nella seconda metà del Cinquecento, Montevergine avvia una ripresa dell’attività economica e impone alle sue case dipendenti la redazione di ulteriori inventari di tutti i loro beni mobili e stabili, con indicazione tanto dei confini quanto delle relative rendite. Descrizioni molto più accurate dei beni in possesso della Congregazione vengono proposte nel XVIII secolo con i cosiddetti “cabrei” o “platee”, cui è riconosciuto un notevole valore giuridico in quanto redatti da pubblici notai. In tutta la loro imponenza dominano la scena le magnifiche tavole acquerellate delle platee n. 2 e n. 4, in cui i beni della Congregazione sono elencati ed accompagnati dalle piante dei singoli stabili: chiese, mulini, case sono rappresentati insieme, tra l’altro, alle colture o alle specie arboree tipiche della zona. La “Platea Maggiore del Sagro e Regal Monistero di Monte Vergine del Monte di tutti li beni stabili, redditi ed annue entrate che possiede nelle terre di: Mercogliano, Valle casale dello stesso, Spedaletto, Summonte, città di Avellino, Atripalda …”, inventariata con il numero 4, è voluta dall’abate generale Ramiro Girardi che favorisce altresì la progettazione e la realizzazione di un archivio con relativa sistemazione dei documenti. Molto più semplici appaiono le platee del Partenio e del territorio di Mercogliano realizzate dal medesimo autore delle monumentali platee n. 2 e 4, Bartolomeo Cocchi o Cocca, che si firma come beneventano, ed è tenuto in grande considerazione negli ambienti laici ed ecclesiastici. Le rappresentazioni grafiche sono semplici schizzi o tratteggi dei territori con gli stabili presenti; al centro la croce che vuol rappresentare la rosa dei venti e le misure in moggi e metri dei vari appezzamenti, distribuite sul perimetro delle tavole. Anche i monasteri dipendenti si dotano di inventari. Oltre alla documentazione relativa alla Chiesa di Sant’Agata alla Suburra in Roma e alla Chiesa di Monteverginella a Napoli, grandioso appare il cabreo dei beni del monastero di San Gennaro di Terranova, nel territorio di San Martino Sannita. Riferibile al biennio 1757-1759, esso si compone di due libri, di rivelazioni e di piante, descritto dall’agrimensore e notaio Lorenzo Chiavelli. Precede il “Liber Plantarum” il privilegium del Sacro Regio Consiglio con il quale si ammette all’ufficio di agrimensore il beneventano e notaio Chiavelli. Delle piante di fine Settecento e inizio Ottocento rimandano, invece, all’Abbazia di San Guglielmo o San Salvatore al Goleto che, fondato verso l’anno 1133, si unisce di fatto con Montevergine solo nel XVI secolo durante la commenda del cardinale Oliviero Carafa. Sia la platea dei beni del monastero del 1760 che la pianta del bosco del Goleto ne mostrano i confini, i tenimenti e i beni limitrofi.
Con i decreti di soppressione delle corporazioni religiose del XIX secolo l’Abbazia si trova a fare i conti con numerose perdite tra censi, rendite e capitali. Al monastero, dichiarato Monumento Nazionale nel 1868, si applica un particolare regime giuridico secondo il quale il Governo provvede alla sua conservazione e tutela.
Luogo
Contatti
- Indirizzo: Palazzo abbaziale di Loreto, via Loreto 1, 83013 Mercogliano
- Telefono: 0825787191
- Email: bmn-mnv.reference@cultura.gov.it
- Sito web: https://bibliotecastataledimontevergine.cultura.gov.it
Dettagli
- Genere: Mostra
- Ufficio Stampa: Comunicazione social e sito web: Vito Colonna, Sabrina Tirri
- Curatori: Ideazione e progetto scientifico: p. dom Carmine Allegretti; selezione dei documenti con redazione dei testi: Paola de Conciliis; selezione delle foto: Vito Colonna, Annalisa Lombardi, Giuseppe Macchia, Sabrina Tirri; fotografie e impaginazione grafica delle didascalie: Giuseppe Macchia; allestimento: Vito Colonna, Costanza Cucciniello, Annalisa Lombardi, Giuseppe Macchia, Lucia Palmisano, Sabrina Tirri, Filomena Ventola; amministrazione e comunicazione: Rocco Bello, Lucrezia De Simone, Francesco Rubino.
- Orario: 09:00-13:00
- Biglietti: Ingresso libero
- Servizi: Visite guidate: Paola de Conciliis, Tommasina Romano, Sabrina Tirri