Una condanna a morte, risse tra uomini di Summonte e del Casale di Montevergine, tratta di schiavi … Quadri di vita quotidiana nelle pergamene di Montevergine

Date:
21 Dicembre 2018

(di Domenico D. De Falco)

Gli storici verginiani (di cui l’ultimo in ordine di tempo è stato padre Placido Mario Tropeano, già direttore della Biblioteca di Montevergine, scomparso nel 2008) sono unanimemente concordi nell’attribuire alla Congregazione di Montevergine un ruolo centrale nella ricostruzione della storia religiosa e civile di una vasta area prossima al famoso Santuario mariano, ma anche di quelle zone più remote, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia…, fin dove cioè si estese «l’opera civilizzatrice» (come usava ripetere padre Placido) dei monaci benedettini.

Tale tesi, ormai ampiamente consolidata nella storiografia locale, si fonda soprattutto sulla ricca documentazione conservata nel piccolo archivio annesso alla Biblioteca di Montevergine, costituita da pergamene e fogli sciolti: queste “carte” offrono uno spaccato esaustivo della vita che si svolgeva all’interno della comunità monastica e nei paesi con cui si intrattenevano contatti frequenti e profondi, e sono pertanto un documento di grande importanza.

In un lavoro di trascrizione dei regesti delle pergamene di Montevergine in questo sito, avviato da qualche mese ed ora in via di completamento, la nostra attenzione è stata attirata da alcune questioni in esse trattate che ben rappresentano il loro potenziale documentario. Riportiamo di seguito, in ordine cronologico, alcuni di questi regesti particolarmente significativi e anche “curiosi”; si tratta, evidentemente, di una scelta arbitraria e parziale, offerta alla riflessione dei lettori solo a mo’ di esemplificazione di quanto abbiamo scritto in epigrafe.

Sul primo rigo di ogni regesto c’è il numero cronologico della pergamena seguito dal riferimento all’anno indizionale e, eventualmente, al re, all’imperatore e/o al papa in carica; ai righi successivi il luogo in cui il documento fu rogato e il nome di notai e giudici. In fine, la questione trattata.

Suspendi per gulam: una condanna a morte

3490.
1351, marzo 12, ind. IV – Ludovico re a. 3, Giovanna regina a. 9
Arienzo
Pietro Carbone, di Arienzo, pubbl. not.
Bartolomeo de Stadio, giudice di Arienzo
Giovanni di don Amico de Laudisio, di Arpaia, per i molti suoi delitti condannato alla forca dalla Corte («suspendi per gulam»), prima che si eseguisca la sentenza capitale, stabilisce molti legati a vantaggio dell’anima sua (XIV, 168)

Risse tra uomini di Summonte e del Casale di Montevergine: si giura sul Vangelo

3493.
1351, agosto 20, ind. IV – Ludovico re a. 3, Giovanna regina a. 9
Summonte («apud castrum submontis»)
Raone de Raone, di Mercogliano pubbl. not.
Riccardo Mainardo, giudice annuale di Summonte
Essendo sorte gravissime discordie tra gli uomini di Summonte e quelli del Casale di M.V., Cicco de Tollentino, signore di Summonte, conviene con Pietro Anselone, «dei apostolice sedis gratia» ab. di M.V., per trattar la pace, e per mezzo di Meulo de Postaro, baiulo del castello di Summonte, si stabiliscono i seguenti capitoli: 1°. che uno non offenda l’altro né nelle persone né nei beni, in nessun modo; 2°. in particolare che certi gruppi di persone dell’una e dell’altra parte non si offendano a vicenda. E questo viene corroborato con giuramento sul Vangelo (CXIII, 79)

Magnanimità di regine e re

3526.
1353, agosto 32, ind. VI – Ludovico re a. 6, Giovanna regina a. 11
Napoli
Il re Ludovico e la regina Giovanna, dopo aver riferito che le terre di Mercogliano e del Casale di M.V. erano state quasi distrutte dalle guerre e dai malviventi, dietro richiesta del monastero di M.V., avuto riguardo all’attuale loro miseria, ordinano che alla Regia Corte paghino solo un terzo della contribuzione delle collette (IX, 73)
 

Tratta di schiavi

3729.
1374, gennaio 11, ind. XII – Giovanna regina a. 31
Napoli
Antonio de Spene, di Napoli, pubbl. not.
Cubello de Turri, di Napoli, giudice
Cardello Areyura, di Napoli, vende a Fuccillo Boccamusto, pure di Napoli, quattro schiavi («mancipia quatuor de genere tartarorum orta»), per il prezzo di 75 fiorini d’oro (XC, 291)

Il rapimento del maestro Nicola

3804.
1381, settembre 19, ind. V (in: 1384, marzo 13, ind. VII – Carlo III re a. 3)
Napoli
Carlo Russo, «miles», maestro giustiziere del Regno di Sicilia, notifica al not. Martuccio de Tellis, di Napoli, pubbl. not. quanto segue. Mentre il maestro fisico Nicola de Furno, di Napoli, abitante in Maddaloni, nel presente mese di settembre si recava alla città di Napoli, insieme coi sindaci ordinati dall’Università di Maddaloni per portarsi ai piedi della Maestà regia, alcuni uomini della terra di Maddaloni, e cioè, Giovannotto Squillano con alcuni complici, mossi da spirito maligno, presero il suddetto maestro Nicola vicino alla chiesa di S. Antonio, presso la città di Napoli, e lo condussero di notte in un certo ospizio, nella piazza «Corrigiariorum» in Napoli, che appartiene agli eredi del q. Peregrino, e ivi lo tennero per 15 giorni e non lo liberarono finché non fece alla presenza del not. Martuccio la vendita di un «segio», nella terra di Maddaloni, e di un pezzo di terra di 6 moggi non molto lontano dalla chiesa di S. Leonardo, pure in Maddaloni, per 80 fiorini d’oro, come si trova nei protocolli che si dicono trovarsi presso lo stesso notaio. Data la violenza subita dal venditore, si ordina la distruzione di quei protocolli, i modo che in seguito non se ne possa riassumere pubblico strumento (in LI, 121)

Tempi certi della giustizia

5881.
1642, luglio 7, ind. X – Urbano Pp. VIII a. 19
Roma
Pietro Franciscone, di Todi, pubbl. not. apostolico
Sentenza della S. Romana Rota favorevole a S. Guglielmo del Goleto nella causa contro Ercole Rangone, vesc. di Sant’Angelo dei Lombardi, che si opponeva alla giurisdizione spirituale esercitata dai monaci, mosso dal falso pretesto che quella abbazia era nel territorio della sua diocesi. Dietro supplica presentata alla S. Sede da parte di quel monastero, il Sommo Pontefice nel marzo 1633 affidò la causa a Benedetto Ubaldi, il quale fece solo alcuni atti in merito alla causa, senza giungere alla conclusione, essendo stato non molto tempo dopo creato cardinale; affidata perciò la causa a Filippo Pirovano nell’ottobre 1634, si fecero con costui «quam plures alios ulteriores actus, et terminos iudiciales, etc.». Il 6 marzo 1637 si venne alla seguente importantissima dichiarazione che l’abbazia di S. Guglielmo era «extra fines dioecesis Sancti Angeli et ab omni subiectione liberam». Nel giugno seguente si ebbe la sentenza definitiva sulla completa esenzione di S. Guglielmo dal vesc. di Sant’Angelo. Ma il vesc. di Sant’Angelo appella al Sommo Pontefice contro questa sentenza rotale, e allora il Papa, accogliendo l’appello, affida a un’altra commissione la causa in seconda istanza. Si ebbe un primo parere unanimemente favorevole della S. Rota, il 10 febbraio 1640, per la conferma della sentenza del 6 marzo 1637: un secondo parere unanime della S. Rota per la conferma di quella sentenza si ebbe il primo giugno 1640. Ma, essendo venute le «feriae generales» indette dal Papa, fu istituita un’altra commissione «feriarum derogatoriae». Si ebbe così il 31 agosto 1640 la seconda sentenza favorevole a M.V.  Avendo poi il vesc. di Sant’Angelo chiesto la remissoria, con sentenza del 26 aprile 1641 si rispose «remissoriam non esse dandam». Così il 1° luglio 1641 fu confermata la duplice sentenza favorevole a S. Guglielmo. Il 14 marzo 1642, venerdì, vi fu ancora una conferma da parte della S. Rota. Finalmente il 7 luglio 1642 fu ordinata la spedizione della senza (Opusc. cc. nn. 30)