Un ex libris con dedica autografa

Date:
24 Settembre 2020

(di Paola de Conciliis)

Due volumi contenenti diverse annate, non consecutive, di una rivista d’arte britannica, «Academy notes», pubblicazione ufficiale della Royal Academy of Arts di Londra, sono stati recentemente catalogati nella Biblioteca, attirando l’attenzione per la presenza di un ex libris molto bello ed elaborato, che presenta diversi motivi di curiosità. Vedder, AnitaSi tratta di un bookplate a stampa, raffigurante un’allegoria dell’isola di Capri – la sirena bicaudata di omerica memoria, con la lira in basso che richiama il canto udito da Ulisse, e la figura zodiacale del Capricorno, che probabilmente allude ad un’ingenua etimologia del nome dell’isola. Sul cartiglio che incornicia il tutto corre l’iscrizione, in italiano, “Torre Quattro Venti”, che dà conto in effetti della piccola torre sormontata dalla tipica freccia segnavento e delle lettere iniziali dei punti cardinali in lingua inglese, in caratteri pseudogotici. E’ questo il nome di una famosa villa in stile eclettico, progettata e costruita sull’isola nei primi anni del Novecento da un artista americano stabilitosi in Italia, Elihu Vedder. Il bookplate, infatti, è uno dei quattro già noti a lui appartenuti, e verosimilmente da lui disegnati, tra cui un bozzetto contenuto in una lettera autografa indirizzata a Ruthven Deane; se ne conosce inoltre uno di sua figlia Anita Herriman Vedder, pure probabile opera sua, o della figlia stessa, disegnatrice di stoffe sulle orme paterne. Quello rinvenuto in biblioteca è, tra l’altro, forse il più raro del gruppo, perché in rete se ne è trovato soltanto un altro esemplare, pubblicato nella rubrica Curiosità exlibristiche della rivista/newsletter Cantieri della casa editrice Bibliohaus (08/2010).
La vita lunga e avventurosa di Vedder (1836-1923), figlio di un dentista newyorkese emigrato a Cuba e di una donna intellettualmente attiva, che lo sostenne nella sua vocazione artistica, prese avvio da una formazione irregolare, – non frequentò il college -, ma segnata dall’interesse per la letteratura e dalla passione per l’esotismo e la spiritualità, alimentata da una costante frequentazione di poeti e artisti. Dopo i primi studi a New York con il pittore Tompkins H. Matteson, nel 1856 partì per l’Europa, prima entrando come allievo a Parigi nell’atelier di François-Édouard Picot, poi viaggiando dal 1858 al 1860 in Italia, dove strinse amicizia con il pittore toscano Giovanni Costa e si avvicinò all’ambiente dei Macchiaioli. Determinante per il suo stile pittorico fu l’influenza del Rinascimento italiano, in particolare di Michelangelo, e il tirocinio presso un copista fiorentino di antichità, Raffaello Bonaiuti. Perduto l’appoggio finanziario paterno, ritornò negli Stati Uniti alla vigilia della Guerra di Secessione, e in quegli anni si dedicò per vivere a lavori di illustrazione commerciale, entrando in un gruppo di artisti bohémien, il Pfaff’s Coffee House group, e stringendo amicizia con Walt Whitman, Hermann Melville e il pittore William Morris Hunt. In questi anni iniziò a dipingere i primi importanti quadri simbolisti, fondendo con suggestioni orientali l’insegnamento realistico francese e italiano. Dal 1866, diventato membro dell’American Academy of Arts, lasciò l’America – vi tornò nel 1869 per sposare Caroline Rosekrans e poi per brevi soggiorni, in uno dei quali, artista ormai affermato, venne chiamato a decorare con dipinti murali alcuni ambienti della Library of Congress. In Europa, insieme all’amico pittore Charles Caryl Coleman, fu a Parigi e si stabilì poi definitivamente in Italia. A Roma visse inizialmente e lì nacquero i suoi figli Anita Herriman Vedder, abile amministratrice del patrimonio paterno, ed Enoch Rosekrans Vedder, valente architetto scomparso prematuramente tornando in Italia nel 1916. Anita_LetmedreamVedder si inserì perfettamente nell’ambiente culturale romano di fine secolo, e poi, dopo il successo finanziario delle sue 55 illustrazioni della traduzione di Edward Fitzgerald dell’opera Rubaiyat of Omar Khayyam, del 1884, si fece costruire a Capri una villa in stile moresco, ispirata all’Oriente dei suoi lavori recenti, dominata da una torre quadrangolare innalzata sul corpo centrale e detta “Quattro Venti”. Qui visse ininterrottamente dal 1906 fino alla morte, avvenuta nel 1923. Viaggiò più volte in Inghilterra, avvicinandosi alla Confraternita dei Preraffaelliti, a cui era affine per sensibilità, e alla poesia visionaria e mistica di Blake e Yeats; dal 1890 si adoperò per la diffusione in Italia del movimento In Arte Libertas, mentre dall’orafo Tiffany gli furono commissionati disegni per vetri, statuette e mosaici, a testimonianza che il suo percorso, sempre in bilico tra osservazione del vero e visione estatica, era approdato alla sintesi dello “stile moderno”, dell’Art Nouveau. Il giudizio della critica sull’artista è stato sempre altalenante, ma in questa sede è più interessante soffermarsi sull’attitudine letteraria dell’artista, autore anche di un piccolo gruppo di scritti autobiografici, critici e poetici. E ovviamente sul collezionista di libri, stampe e dipinti. Fortunatamente lo Smithsonian Institution di Washington conserva l’intero archivio della famiglia, contenente libri, diari e disegni dell’artista, nonché il materiale fotografico, il tutto mirabilmente  digitalizzato e disponibile dalla pagina https://www.aaa.si.edu/collections/elihu-vedder-papers-9264. Dei suddetti ex libris di Vedder quello che compare sul volume rilegato della biblioteca di Montevergine è uno dei due che non recano il suo nome, o almeno il nome dell’intestatario, – poiché è assai verosimile che ne disegnasse per amici e parenti, oltre che per la figlia Anita, e sarebbe interessante identificarli in base al segno grafico in giro per raccolte librarie – mentre pare che protagonista sia la villa, o comunque Capri, come luogo mitico e “patria” ideale, con cui l’autore s’identifica a tal punto da rendere superfluo il suo nome. E forse a quel luogo era legato il progetto di una biblioteca “della casa”, con la produzione di un apposito bookplate.
Ancora più intrigante è il secondo aspetto “curioso” dell’ex libris, ovvero il fatto che sullo spazio bianco risparmiato dalla composizione allegorica si legga una dedica autografa di Anita Herriman Vedder ad un tale Nilleian Leander Port, sulla cui identità per ora non si è stati in grado di trovare notizie: la Vedder gli fa dono dei volumi di «Academy Notes», che viene presentato dagli editori come un supplemento all’«Official Catalogue» della collezione della Royal Academy, dedicato agli appassionati lontani da Londra che non potevano recarsi a visitarla. La data del 28 aprile 1934 ci indica che il dono avviene quando Elihu è ormai morto da tempo e Anita ha ormai ereditato la biblioteca paterna della villa caprese, ma potrebbe anche conservare carte con ex libris da ritagliare all’occorrenza e apporre con dedica su opere da regalare, secondo un uso che era già del padre.

Elihu_1 Elihu_2 Elihu_dedica