Nuove acquisizioni alla Biblioteca Statale di Montevergine
Date:
12 Novembre 2024
(di Giuseppe Macchia)
Nei giorni scorsi la Biblioteca Statale di Montevergine ha acquistato sei cinquecentine per arricchire il catalogo bibliografico e per continuare la valorizzazione del suo patrimonio librario. Tra queste spicca: Misterii della sacratis.ma Passione, morte e risurrettione [!] di n.s. Giesu Christo, intagliati da Filippo Thomassino franzese, 1594 (Collocazione: CINQ 003. B 003,). Essa è preziosa non soltanto dal punto di vista bibliografico in quanto fino ad ora se ne conosceva solo un esemplare, individuato dall’Istituto per il Censimento nazionale edizioni italiane del XVI secolo, posseduto dalla Biblioteca Apostolica Vaticana (tra l’altro l’esemplare non era presente nel gestionale di Indice ma visibile soltanto in OPAC interfaccia utente), ma anche da un importante valore storico artistico.
La cinquecentina è composta da 20 tavole, oltre il frontespizio, incise al bulino da Philippe Thomassin, che nel frontespizio si definisce “Franzese”, tratte da disegni di Giovanni Stradano. Fino a pochi anni fa poco si conosceva della vita dell’incisore francese e della sua attività come attestano i due record presenti in SBN, corrispondenti a due autori con date di nascita e morte diversi. Philippe Thomassin è un incisore francese nato a Troyes intorno al 1561 (cfr. Angela Gallottini, Philippe Thomassin, Antiquarum statuarum urbis Romae liber primus (1610-1622), 1995. Registrato nella parrocchia di Troyes il 25 gennaio 1562, discendente da una famiglia di incisori (il padre era un intagliatore di cinturini e fibbie), prosegue la sua attività fino al 1583, anno in cui, ormai orfano di entrambi i genitori abbandona la Francia e i numerosi fratelli e tenta la fortuna in Italia. A Roma entra nella bottega di Cornelius Cort e conosce i suoi allievi per i quali incide numerose tavole tratte dai loro disegni; si specializza nell’incisione di traduzione e ottiene un’enorme fama tale da attirare nella sua bottega molti giovani di talento come Martin Framinet, Jacques Callot, François Duquesnoy e Claude Mellan. Crescono il successo e i guadagni e Philippe riproduce nei rami i grandi artisti del Rinascimento italiano, ma soprattutto famosi gruppi scultorei dell’antichità. Sotto la protezione di François de Luxembourg, nel 1589 apre a Roma anche un magazzino per la vendita delle sue stampe; dapprima associato a Jean Turpin (artista francese), e l’anno seguente come editore-stampatore indipendente. Muore all’apice della fama il 12 maggio 1622.
Nella città eterna, la conoscenza e la frequentazione di artisti tardo manieristi e fiamminghi proprio come Jan van der Straet (italianizzato in Giovanni della Strada o Stradano), fanno di Thomassin un artista capace di tradurre l’antico, ma anche di aggiornarsi su linguaggi nuovi. Ma è soprattutto influenzato dallo Stradano (Bruges 1523 – Firenze 1605), l’artista colto, nato nelle Fiandre, ma formatosi nella Firenze di Cosimo I dei Medici con Giorgio Vasari e a Roma con Daniele da Volterra e Francesco Salviati, capace di reinterpretare con una propria autonomia i grandi maestri dell’arte italiana del passato e contemporanei. È questo linguaggio che emerge dal ciclo della Passione della nostra cinquecentina, come ad esempio nella tavola dell’ “Ultima cena” dove elementi dell’iconografia tradizionale come il San Giovannino che, così com’è narrato nei Vangeli, posa il capo sul petto del Signore, reminiscenze di artisti come Andrea del Castagno o Ghirlandaio, contemplati a Firenze, si fondono col messaggio rivoluzionario dei “moti dell’anima” di Leonardo.
Le parole di Gesù, che preannuncia il suo tradimento, si propagano da un capo all’altro del tavolo generando angoscia, stupore e incredulità nei discepoli, in una sorta di moto ondoso. Non mancano anche riferimenti a Raffaello e ai suoi collaboratori come la figura del Diavolo nascosto dietro il tavolo tra le gambe di Giuda, rimando all’affresco di Raffaellino del Colle nel Santuario di Santa Maria del Sasso di Bibbiena, ma con le sue sembianze da drago anche al mondo della pittura fiamminga.
La presenza di Satana che entrò in Giuda (Luca 22.3; Giovanni 13.26-27) è tuttavia un topos (allora molto diffuso a Roma), che fa la sua comparsa nell’iconografia medioevale e arriva fino al Seicento; ne sono testimoni diverse opere come un manoscritto miniato (Ms. Ludwig VII 1 – 83.MI.90, fol. 38, circa 1030-1040), conservato a Los Angeles al J. Paul Getty Museum, o l’Ultima cena nella predella del Retablo de la Virgen, dell’artista Jaune Serra (1367-1380), realizzata per il monastero di Sijena e oggi conservata a Barcellona al Museo nazionale di arte catalana.