“Dai libri di…” : una mostra sugli ex libris alla Biblioteca Statate di Montevergine
Date:
20 Novembre 2022
(di Sabrina Tirri)
In occasione delle Giornate Europee del Patrimonio (24-25 Settembre 2022) è stata inaugurata la mostra Dai libri di… gli ex libris della Biblioteca Statale di Montevergine, curata dal direttore e dal personale della biblioteca.
Il percorso espositivo, che si snoda lungo il corridoio del pianoterra del Palazzo abbaziale di Loreto, intende illuminarci sulle provenienze, ossia svelarci in quali case o istituti hanno “vissuto” i volumi prima di essere stati acquisiti dalla biblioteca.
Certamente non è cosa semplice risalire ai precedenti titolari dei libri; questo è possibile solo se sono stati lasciati dei segni sui singoli volumi e che siano facilmente individuabili e associabili. Fino ad ora sono stati identificati circa 120 possessori di cui è possibile avere contezza dal data base “Possessori” che viene aggiornato di volta in volta; per questioni logistiche ne è stato considerato un numero più esiguo, una quarantina circa.
I contrassegni di possesso sono conosciuti con il nome di ex libris, in italiano dai libri di.
La locuzione latina ex libris, nel significato più proprio della parola, si riferisce al cartellino a stampa (che di norma riproduce uno stemma o altra immagine) che viene incollato sul contropiatto anteriore o sul foglio di guardia di un testo proprio per indicarne la proprietà. Alla locuzione viene riconosciuto anche un significato più ampio atto ad indicare altri segni di possesso: note manoscritte, timbri, sigilli. Con questi segni il lettore desidera affermare il proprio “apparentamento” con il libro e riconosce quell’oggetto culturale come proprio. In questo modo lo si tutela e lo si protegge anche da eventuali furti; svariati i moniti e gli avvertimenti manoscritti per scoraggiare i malintenzionati dal portare via qualsiasi tipo di volume che abbia suscitato un certo interesse.
Gli ex libris e le note manoscritte figurano su volumi che coprono un arco cronologico molto vasto, dal XVI al XX secolo, e i vari possessori, sia che si tratti di enti/istituti o di singoli personaggi/bibliofili, sono stati poi inquadrati in tre grandi sezioni: “Istituti religiosi”, “Abati e monaci della Congregazione verginiana” e “Personaggi illustri e locali”. In aggiunta a parete sono state collocate sette gigantografie, di cui una costituisce il testo di presentazione e sei riproducono alcuni degli ex libris più belli.
Nella sezione “Istituti religiosi” sono stati disposti i volumi che sono appartenuti nel passato al Monastero di Montevergine, alle Chiese di Marigliano e di Monteverginella (Napoli), e all’Eremo camaldolese dell’Incoronata (Sant’Angelo a Scala). La raccolta principale dell’attuale biblioteca deriva dalla biblioteca monastica che ha origini medievali e che diventa del demanio alla fine dell’Ottocento. Sono molte le annotazioni manoscritte di possesso che sanciscono l’appartenenza dei volumi all’abbazia: Est Nouitiorum Montis Virginis, Est Archivi Montis Virginis, Ex Libris Bibliothecae Regalis Archicoenobii Montisvirhini, Est Curiae abbatialis etc. A queste note più specifiche se ne aggiungono delle altre più generiche quali Montevergine, Monte Vergine, Montis Virginis, ad usum monachorum Montis Virginis de Monte.
Sui testi provenienti dalle case dipendenti di Montevergine, la Chiesa di Monteverginella e la Chiesa di Marigliano, l’appartenenza è dichiarata tramite i timbri. La Chiesa di Monteverginella, nota anche come Chiesa di Santa Maria di Alto Santo Spirito di Napoli, è ubicata nel centro antico di Napoli. Nel 1314, Bartolomeo Di Capua, protonotario del Regno, donò delle sue terre alla Congregazione sulle quali volle che si edificassero una chiesa e un monastero. Questo monastero divenne il più importante dopo Montevergine e nel 1611 fu elevato ad abbazia. Il timbro di questa chiesa è presente sul frontespizio del Breviarium secundum l’usum coenobii Montis Virginis ordinis patris Benedicti, del 1555, edito a Venezia, su cui è anche incisa una vignetta xilografica con al centro san Benedetto. L’altra chiesa invece riguarda quella di Marigliano, fondata alla fine del Duecento per volere di un certo Ornaldo Manescalco che donò dei propri beni alla Congregazione Verginana. Questa chiesa prende all’inizio il nome di Santa Maria della Vestizione, poi di Santa Maria la Nova, (così figura in un documento del 1594 a firma dell’abate Perugino) e nel ‘700 di Santa Maria delle Grazie. Il timbro, stampigliato sul volume De i difetti della giurisprudenza di Lodovico Antonio Muratori (1743), richiama ancora la vecchia denominazione Santa Maria la Nova e non Santa Maria delle Grazie, designazione che risulta invece nella nota manoscritta.
Un numero più cospicuo di opere ci è giunto dall’Eremo camaldolese di Santa Maria dell’Incorontata, costruito nella valle di Chiaia nel territorio di Sant’Angelo a Scala, in provincia di Avellino. Questo monastero, di cui attualmente sono visibili solo i ruderi, è stato voluto dai marchesi Carafa per ospitare due giovani eremiti del luogo: il beato Giulio da Nardò e lo spagnolo Giovanni de Figuera. Con l’affidamento del monastero alla Congregazione dei Camaldoli di Monte Corona, il beato Giulio decise di trasferirsi a Montevergine. Nel XIX secolo il Santuario dell’Incoronata venne distrutto e con le soppressioni religiose buona parte della biblioteca fu incamerata dal monastero di Montevergine. In realtà c’è da dire che molte cinquecentine dell’Eremo erano già presenti in questo santuario prima dell’Ottocento, come dimostrano gli inventari dei secoli XVII e XVIII che si conservano nell’archivio annesso alla biblioteca. Molto probabilmente molte di queste edizioni vennero portate dal beato Giulio, all’atto del suo trasferimento a Montevergine. Si tratta solo di un’ipotesi! Tra i testi che presentano la nota manoscritta dell’Eremo ve n’è uno molto importante per la comunità verginiana: é l’opera di Felice Renda intitolata Vita, et obitus sanctissimi confessoris Guilielmi Vercellensis del 1581, su cui è stato poi apposto un timbro ovale con la scritta Montevergine. Sui volumi che provengono dall’Eremo figurano per lo più note manoscritte e la campionatura di formule è piuttosto varia: Ex eremo Sancate Sariae Incoronatae, Dell’Eremo dell’Incoronata, Ad usum Eremitarum Montis Coronatae, Dell’Eremo dell’Incoronata dei p. ri Camaldoli.
La sezione “Abati e monaci di Montevergine” raccoglie quei volumi di cui erano in possesso i singoli monaci e abati, indispensabili per le loro attività educative e formative. Prevalgono le annotazioni manoscritte di possesso: il proprio nome viene trascritto facendolo precedere da locuzioni del tipo Ex libris, ad usum…, e seguire, in alcuni casi, dalla indicazione della mansione svolta all’interno della Congregazione oppure da altre informazioni come la provenienza. Un esempio è la nota manoscritta dell’abate Cortone in cui specifica che è di Napoli: ex libris P. Abb.is D. Albentis Curtoni a Neap.li. Nel caso dei volumi posseduti dall’abate Ramiro Girardi, la nota manoscritta è riportata sempre sul frontespizio. Questo abate ha svolto un ruolo molto importante sia in ambito culturale che in quello religioso; ha provveduto ad ampliare il locale della biblioteca, al restauro della cappella del reliquario e fece redigere la platea n. 4 in cui viene raffigurata la montagna, i suoi terreni e i suoi beni immobili. Inoltre gli venne conferito dal papa Clemente XII un nuovo privilegio, ossia la facoltà di amministrare la cresima. Dall’annotazione manoscritta dell’abate Girardi passiamo all’ex libris dell’abate Guglielmo de Cesare, il cui cartiglio riproduce il suo stemma abbaziale. Ogni abate, come sappiamo decideva e decide ancora oggi, gli elementi simbolici e allegorici che devono far parte del proprio stemma, utili a chiarire il senso del proprio governo abbaziale. Lo stemma dell’abate de Cesare, che è ricordato per essere stato il postulatore della causa di beatificazione di Maria Cristina di Savoia, riproduce uno scudo bipartito: a sinistra è riportato lo stemma verginiano e a destra è descritta la torre sulla cui sommità è posto l’arcangelo Raffaele che schiaccia un serpente.
Dei religiosi della Congregazione verginiana che abbiamo preso in considerazione, ve ne sono alcuni che si sono occupati di musica, p. Raffaele Baratta e p. Domenico Grillo, inseriti di fianco ad alcuni maestri di musica davvero importanti sia in ambito locale che internazionale: gli avellinesi Luigi Imbimbo e Federico Cordella, e il maiolatese Gaspare Spontini che insieme vanno quasi a creare un’ulteriore sezione della mostra, quella appunto dei “Musicisti”. Dello Spontini è stata esposta in una teca singola una delle due arie a stampa della Petite maison (1850?) che si credevano fossero andate disperse e sulle quali compare il suo autografo.
Della seconda sezione ci piace citare anche p. Luca (Fernando) Vignanelli, grande amico del poeta Giuseppe Ungaretti nonché suo padre spirituale, e p. Luigi Maria Galanti, fratello dello storico ed economista Giuseppe Maria Galanti; si devono a lui due iscrizioni di cui una è collocata all’ingresso del Palazzo abbaziale di Loreto e che rievoca il soggiorno a Montevergine di Francesco I di Borbone nel 1826.
La terza sezione “Personaggi illustri e locali” ospita singoli esemplari che hanno fatto parte di biblioteche private di personaggi importanti, di illustri politici e di bibliofili locali ed internazionali. Questi esemplari sono contrassegnati da timbri o cartellini a stampa le cui immagini rimandano allo stemma di famiglia o hanno un valore simbolico; queste ultime possono riflettere l’attività, il pensiero filosofico, i gusti e anche le virtù degli amanti dei libri.
Figura importante di questa sezione è Doris Luise Benz che raccolse con cura una meravigliosa biblioteca, fatta principalmente di prime edizioni, libri, disegni e manoscritti. Nel libro che possediamo, l’ex libris ospita in una cornice rettangolare i pilastri di un cancello che si apre verso un breve viale alberato, e lascia intravedere il portico di una casa in stile vittoriano; probabilmente esso allude allo spirito generoso e filantropico della donna. Altrettanto interessante è l’ex libris del pittore, poeta e illustratore americano Elihu Vedder famoso per aver decorato la sala di lettura della Library of Congress a Washington. Trasferitosi a Capri agli inizi del ‘900 nella Villa Quattro Venti, qui disegnò per la figlia un ex libris in cui la protagonista sembra essere proprio Capri, intesa come luogo mitico e “patria” ideale del pittore.