Ci scrive Marcus Parisopulos
Date:
15 Marzo 2019
In risposta alla recensione del romanzo Hiperionidi, l’alba degli dei, riceviamo e pubblichiamo una riflessione del monaco Marcus Parisopulos
Riflessioni su Hiperionidi, il mito perduto
Salve omnes.
Sono il monaco Marcus Parisopulos e scrivo queste poche righe per chiarire alcuni aspetti a proposito del manoscritto di Erodoto che ho recuperato, per caso, nella biblioteca del monastero di Dios alle falde del monte Olimpo.
Il testo del famoso storico di Alicarnasso narra un viaggio fantastico di alcune divinità extra olimpie – più precisamente i figli del titano Hiperione –, che intraprendono nel Mar Mediterraneo alla volta del “Meridiano Zero”. I loro obiettivi sono: liberare i genitori dal carcere, ascendere al cielo in qualità di divinità del giorno e detronizzare Astreo, titanide insignito da Fato per il controllo degli astri; una guerra quindi speculare a quella delle altre divinità olimpie contro Crono e i titani.
Il ritrovamento del manoscritto fornisce quindi un’altra porzione di sapere che dà al lettore uno stimolo in più per approfondire e integrare la letteratura mitologica greca. Nel corso dei secoli, le storie dei miti sono servite a vari studiosi per analizzare, approfondire e studiare i comportamenti degli uomini e dare quindi un senso e una morale alle varie storie tramandate dal popolo greco antico attraverso storici, aedi e sacerdoti. Hiperionidi si pone anche sotto quest’aspetto perché narra non solo una grande avventura ulissiana nel bacino del mediterraneo, ma mette a confronto le emozioni, le paure e dunque gli stati d’animo di tutti i personaggi, divinità e non, che hanno accettato di navigare “verso l’ignoto per un futuro migliore”.
Ovviamente mi trovo in una condizione molto particolare perché mi ritrovo nascosto nella mia cella del monastero con i miei fratelli intenti a darmi la caccia: vogliono il libro per bruciarlo perché considerato eretico e pagano. Possono trovarmi e punirmi severamente per aver disubbidito al Padre Superiore, ma il libro deve essere salvato almeno attraverso la divulgazione, ragion per cui immagino due cose nella mia mente: di essere un regista, come se fossi direttamente io a dirigere questo film (neanche a farlo apposta il libro si conclude con la scritta to be continued) e poi una platea incuriosita di persone intenta a guardare questo lavoro. La mia angoscia è però – visti i tempi che corrono – che molte persone potrebbero stancarsi facilmente del mio sproloquio ed abbandonare la sala quindi cerco di “abbellire” il testo di Erodoto rendendo i dialoghi dei personaggi piacevoli immettendo il buon vecchio humor napoletano, nonché l’inconfondibile dialetto romanesco parlato dal dio Efesto, senza ovviamente dimenticare l’apporto di Dante Alighieri nelle descrizioni di alcuni momenti particolari, come ad esempio il viaggio in mare dei corinzi per seguir virtude e canoscenza, o la descrizione fisica di Fato (faccia d’uom giusto). Non mi limito quindi a un semplice “dettato” del testo di Erodoto, bensì lo elaboro a modo mio per renderlo così più gradevole all’orecchio dei lettori.
Essendo poi un testo molto vecchio, una domanda mi pongo sovente: “Come mai questo testo in greco antico si trovava all’interno di un monastero ortodosso?” È un quesito che ancora non ha risposta, ma deduco che sia lì per mano di qualche mio fratello che dimorò nel monastero secoli fa e che lo salvò forse da qualcuno che decise di eliminarlo: la storia così si ripete come sempre.
Il Mahatma Ghandi diceva: “Vivi come se dovessi morire domani, impara come se dovessi vivere per sempre”.